FOTOROMANZO

Il fotoromanzo

04/09/2017

Bruno Gambarotta

Un fiume carsico per quaranta anni ha portato utili ingenti ad alcune case editrici. È quello dei fotoromanzi. Il settimanale Grand Hotel nasce il 29 giugno 1946 e per 40 anni non scende mai sotto il milione di copie a numero. Sogno debutta l’anno seguente, l’8 maggio 1947, lo segue Bolero Film il 25 maggio 1947. Sommati insieme, non scendono mai sotto le 600mila copie. Un fiume carsico: Rizzoli e Mondadori, vergognandosi di fare una montagna di soldi con quelle testate, non le citano nei loro cataloghi ufficiali.

Sin dall’esordio i fotoromanzi si guadagnano la riprovazione generale. La borghesia istruita li disprezza («roba da serve») ma li legge di nascosto o dal parrucchiere. Per i comunisti, le lettrici, invece di fantasticare su storie inverosimili dovrebbero dedicarsi alla lotta di classe o, almeno, leggere e commentare gli articoli di «Rinascita» sulla via italiana al comunismo. Per la Chiesa leggerli è un peccato mortale da denunciare in confessione. Nel 1959 anche «Famiglia Cristiana» però si sarebbe buttata sui fotoromanzi, con vite di santi e risultati imbarazzanti. Per arrendersi poi nel ’75. Milioni di copie dunque e dagli otto ai dieci lettori per ogni numero che, non essendo legato all’attualità, resta leggibile anche dopo tanto tempo. Distribuiti solo in edicola, non è previsto l’abbonamento o l’invio postale. Si direbbe un pascolo ideale per la pubblicità, invece ne compare pochissima, poiché si stima che lettori e lettrici abbiano un reddito di mera sussistenza, tale da rendere inarrivabili i prodotti reclamizzati.

Ma cos’è un fotoromanzo? È una storia d’amore raccontata per immagini, didascalie e fumetti. Su Grand Hotel, della casa editrice Universo dei fratelli Domenico e Alceo Del Duca, all’inizio le storie non erano illustrate dalle foto ma dai disegni di Walter Molino, l’autore delle copertine della «Domenica del Corriere». Bisognerà aspettare il 1950 per vedere le foto al posto dei disegni su G.H. Sogno (Novissima e poi Rizzoli) e Bolero Film (Mondadori) iniziano subito con le fotografie, si fa prima e costa molto meno. Per ogni inquadratura si scattano al massimo tre fotografie. Una storia richiede in media un solo giorno di riprese fotografiche che arriva al termine di una lunga e accurata preparazione. Le storie sono lineari, senza episodi marginali e il motore che muove l’azione è sempre l’amore.

Didascalia da Amarti e dirti addio, il primo fotoromanzo comparso su Grand Hotel nel ’50: «Il giovanotto sale agilmente sul palco e si pone di fronte alla signorina in rosa. I loro occhi si incontrano. È uno sguardo lungo, intenso, che per un attimo fa loro dimenticare il singolare luogo in cui si trovano». Quest’amore balzerà fuori intatto alla fine ma per realizzarsi dovrà superare ostacoli di ogni genere. I più frequenti: un’altra donna che, perfida, riesce a mettere in cattiva luce l’amata; la famiglia che si oppone; da Grand Hotel, 1948: «Dottor Nicola Kampfen, vi scaccio di casa mia!» «Ma veramente, signor conte, Kate è la mia fidanzata». «Cosa? Voi, un semplice dottorello senza alcun titolo nobiliare fidanzato a una Maranher?». Altro ostacolo, il segreto, l’amata non ha il coraggio di confessare di essere figlia illegittima. La donna deve stare al suo posto. In Amore fra due spade (G.H. 1950) Manola va a caccia con un giovane tenente, spara e manca il fagiano: «Non ho preso niente, siete deluso di me?» Il giovane ufficiale: «Al contrario, sono entusiasta, come tutte le volte che vedo una donna fallire in un’impresa da uomo». Il sesso non è mai messo in scena ma solo alluso, non c’è mai un personaggio omosessuale. C’è un unico uomo politico, in Catene del 1947, ma è un lord inglese.

La qualità delle immagini evolve nel tempo, non sempre in senso positivo. Nei primi tempi le scene, illuminate con luci da set, consentono tagli sapienti, inquadrature con personaggi disposti a distanze diverse. Poi si passa all’uso dei flash che sfumano i contrasti. Abbondano i primi piani poiché gli editori iniziano ben presto a scritturare attrici e attori famosi, nonché presentatori (Mike Buongiorno, Mario Riva) e bisogna fare in modo che il lettore li riconosca. Al punto che i protagonisti guardano verso il lettore, dando la schiena alla scena. Troviamo Vittorio Gassman, Giorgio Albertazzi, Umberto Orsini, Claudia Cardinale, Paolo Poli, praticamente tutti. In una storia Renzo Arbore non si toglie mai la maschera da clown, perché si nasconde nel circo Orfei mentre in realtà è un medico condannato all’ergastolo ed evaso. Riconosciuto innocente, è sua la battuta finale: «Tornerò nel circo, farò il clown... per restarti sempre vicino, Liana. Sempre».

I grandi divi non si vergognano di prestarsi al gioco per vari motivi: si guadagnano ottimi compensi con un lavoro poco impegnativo, si allarga la propria notorietà a un pubblico vergine e, infine, poiché le persone di un certo ceto sociale non ammetterebbe mai di frequentare certa stampa, nessuno si azzarderà a rinfacciarglielo. Farlo significherebbe confessare di aver ceduto alla tentazione. Il fotoromanzo muore per rinascere sui social, dove ogni utente si fabbrica il suo, assegnandosi un ruolo da protagonista, ovviamente.

CINEROMANZI

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Tra l’inizio degli anni Cinquanta e la prima metà degli anni Settanta, l’editoria italiana è segnata dalla rapida diffusione e dall’altalenante successo di una particolare tipologia di riviste para-cinematografiche, note oggi come cineromanzi. Pensate per un pubblico prima femminile e poi maschile, queste testate offrivano sulle loro pagine novellizzazioni a fumetti di pellicole coeve che, grazie all’uso di fotogrammi o fotografie di scena corredati di balloon e didascalie, permettevano alle lettrici e ai lettori di fruire di un lungometraggio in modo alternativo, svincolandone la visione dallo spazio della sala. Ragionando su un duplice aspetto che vede il cineromanzo come formato editoriale, da un lato, e come fenomeno culturale, dall’altro, Fotogrammi di carta propone una riflessione ad ampio raggio su questa realtà multiforme e complessa, facendo dialogare prospettive di analisi tradizionalmente contenutistico-formali con punti di vista affini alle diverse branche degli studi culturali.

CINEROMANZI

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CINEROMANZI

I cineromanzi sono stati un fenomeno di straordinario successo negli anni Cinquanta, una specialità tutta italiana, un pezzo di storia dell’editoria popolare dimenticato nei decenni, un incrocio bizzarro tra il cinema e le letture di massa. A questo straordinario e affascinante fenomeno il Museo Nazionale del Cinema ha dedicato una mostra sorprendente e ricchissima, basata sulla collezione personale di Gianni Amelio, oltre che sui materiali appartenenti alle collezioni del Museo. La mostra ospitata all’Archivio di Stato di Torino ha esposto circa 200 cineromanzi originali, all’interno di un allestimento ricco di elementi scenograficiTra questi: la riproduzione in gigantografia di due cineromanzi e una grande bobina cinematografica snodata lungo il percorso di visita con le immagini del cineromanzo Senso, dal film di Luchino Visconti. Infine, una postazione interattiva per realizzare le copertine personalizzate dei cineromanzi esposti. Due le pubblicazioni realizzate dal Museo Nazionale del Cinema in occasione della mostra. “Lo schermo di carta. Storie e storie di cineromanzi”, ideato da Gianni Amelio e curato da Emiliano Morreale, rappresenta il primo organico tentativo di ricostruire la storia di questo fenomeno editoriale. Il volume contiene un testo inedito e un’intervista di Amelio, alcuni saggi di approfondimento firmati da studiosi di settore, schede storico-critiche sulle principali collane di cineromanzi e un ricchissimo apparato di illustrazioni. “Cineromanzi. La collezione del Museo Nazionale del Cinema”, un quaderno monografico con saggi critici, un ricco apparato iconografico e un catalogo analitico di tutte le pubblicazioni consultabili presso la Bibliomediateca del Museo Nazionale del Cinema “Mario Gromo”.

CINEROMANZI

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CINEROMANZI

I cineromanzi erano, in pratica, fotoromanzi composti prendendo i fotogrammi dei film e aggiungendo didascalie e fumetti. In parte eredi degli adattamenti illustrati dei film, risalenti agli anni Dieci e sempre pieni di immagini ( con titoli come "Cinevita" e "I filmi appassionanti"): il cineromanzo sembrerebbe quindi un sostituto del film, un modo per portarselo a casa.

Ridotti a racconto, i singoli titoli diventano tutti simili, un unico grande film, riraccontato sulla carta. Il fatto è che cinema, fotoromanzo e cineromanzo sono figli di un immaginario comune, di un' immaginazione melodrammatica che, nella versione del cineromanzo, riduce (o riconduce) appunto tutto il cinema a un unico grande mélo: i film di Antonioni e Catene, Senso, La strada, i film sceneggiata napoletani e James Dean. Se alla fine degli anni Quaranta ci sono già dei cineracconti che arrivano a un passo dal fotoromanzo, la stagione d' oro (con il balloon vero e proprio) comincia probabilmente con "Super cinema", alla fine del 1950 (prima uscita Il brigante Musolino) e l' apogeo è a metà del decennio: nascono e muoiono "Fotoromanzo gigante" La lavorazione era a volte piratesca, fatta all' insaputa dei produttori (specie per i film americani): da copie pirata si prelevavano fotogrammi e li si componeva alla meglio, aggiungendo il testo e stampandoli su carta da quattro soldi. "Cineromanzo gigante" era pubblicato dalla Lanterna Magica, in realtà una emanazione delle produzioni De Laurentiis. Sono tra i cineromanzi di miglior qualità, che fanno largo uso anche di foto di scena, hanno un' autrice che firma i testi (Mara Baldeva), un ampio formato, ottima carta e a volte escono in contemporanea con i film (per La donna del fiume di Soldati addirittura prima), in sinergia con le produzioni della casa. La parabola del cineromanzo finisce col boom, anche se conosce qualche incarnazione successiva, in particolare in versione erotica. Se il cineromanzo è un prodotto reietto, il cineromanzo erotico è ultimo tra gli ultimi.

FOTOROMANZI

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FOTOROMANZI

di GIORGIO BARBETTA - FOTOGRAFO

Fotoromanzi - 2021

di Giorgio Barbetta

www.giorgiobarbetta.com/fotoromanzi

NOTE TECNICHE

Cofanetto in cartoncino

Otto (più uno) fascicoli formato 16,5x23,5 cm.

Carta interno: Fedrigoni X-Per premium white 120g

Rilegatura: filo singer nero

www.giorgiobarbetta.com/fotoromanzi

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Fotoromanzi - 2021

di Giorgio Barbetta

Set nasale

Fotoromanzo amoroso e triste in quattro atti

Certe volte pensi di aver finalmente trovato l'anima gemella, invece è solo un problema di occlusione nasale

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Bolero Film e Grand Hôtel hanno finito per essere più rivoluzionari degli articoli in cui Berlinguer li criticava.

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