CANNIBALI

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Titolo: "Il Sussurro dell'Abisso"

Sinossi: In un futuro distopico, una grande città è diventata un cimitero a cielo aperto, i corpi dei ribelli giacciono abbandonati per le strade, mentre il regime totalitario mantiene il controllo con la repressione. Antigone, interpretata dalla carismatica Celeste Malfatta, è determinata a dare sepoltura al fratello, vittima di una violenza insensata. Accompagnata da Tiresia, un misterioso giovane che porta con sé il peso di un segreto, intraprende un viaggio di resistenza e ribellione che la trasformerà in un simbolo di speranza per molti.


Scena 1: La città desolata

La telecamera inquadra una grande città, le strade deserte punteggiate da corpi inanimati, mentre un cielo grigio sovrasta il panorama. La voce di Antigone, in un tono disperato ma deciso, risuona: "Io ci vedo, ma pur vedendo non vedo in che abisso sono caduta." La gente cammina indifferente, ignara del dolore che la circonda.


Scena 2: La casa di Antigone

Antigone è in casa, circondata da familiari che discutono del decreto di legge che vieta la rimozione dei corpi. La tensione è palpabile, e il fidanzato di Antigone, figlio del primo ministro, cerca di convincerla a rimanere in silenzio. Ma il suo cuore è in tumulto. "Non posso lasciare mio fratello in questo modo," afferma, con gli occhi pieni di determinazione.


Scena 3: L'incontro con Tiresia

Antigone, in preda alla disperazione, esce di casa e si imbatte in Tiresia, un giovane enigmatico che parla una lingua sconosciuta ma i cui occhi raccontano storie di sofferenza e ribellione. In un momento di connessione profonda, lui le dice: "La vera morte è l'indifferenza." Insieme, decidono di seppellire i corpi abbandonati, rischiando tutto.


Scena 4: La sepoltura clandestina

Una notte, con il cielo stellato sopra di loro, Antigone e Tiresia iniziano il loro compito, lavorando in silenzio. La telecamera segue i loro movimenti, catturando l'intensità del momento. Mentre scavano, Antigone condivide i ricordi del fratello, le risate e i sogni che mai si realizzeranno. Tiresia, con il suo tocco gentile, le offre conforto.


Scena 5: La cattura

La loro missione non passa inosservata e, in una drammatica sequenza, la polizia irrompe. Antigone e Tiresia vengono arrestati e portati in un luogo di tortura. La scena è intensa, con urla e colpi che riecheggiano. Antigone, legata e ferita, guarda Tiresia e dice: "Non possiamo cedere, non ora."


Scena 6: L'eroismo e il sacrificio

Nonostante la tortura, i due riescono a fuggire temporaneamente. Ma il destino ha in serbo per loro un finale tragico. In un atto di eroismo, Antigone si sacrifica per salvare Tiresia, e mentre il suo corpo viene portato via, la sua voce risuona: "Io ci vedo, ma pur vedendo non vedo in che abisso sono caduta." Tiresia, solo e ferito, diventa il testimone della sua lotta.


Scena 7: La rinascita della speranza

Dopo la loro morte, Tiresia diventa un simbolo di resistenza. La telecamera mostra gruppi di giovani che iniziano a raccogliere i corpi dei ribelli per seppellirli, ispirati dal sacrificio di Antigone e Tiresia. La voce di Tiresia riecheggia: "La lotta per la dignità non è finita."


Scena finale: L'eco dell'umanità

La scena si chiude su una grande manifestazione, dove le persone si uniscono per protestare contro il regime. Al centro, una grande foto di Antigone è esposta, diventando un simbolo di speranza. La telecamera si allontana, mostrando la città in una nuova luce, mentre la voce di Tiresia sussurra: "Non siamo soli, e la nostra lotta continua."


Conclusione: "Il Sussurro dell'Abisso" non è solo un remake de "I Cannibali", ma un omaggio potente alla forza dell'umanità in un mondo che cerca di soffocarla. Antigone e Tiresia diventano le icone di una resistenza che, anche nei momenti più bui, trova la forza di alzarsi e combattere per ciò che è giusto.

GIORGIO VIALI

FOTOROMANZO

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Istruzioni pratiche per la realizzazione del fotoromanzo di Ennio Jacobelli (1956)

Le Istruzioni di Jacobelli, per molti aspetti, rispecchiano abbastanza bene lo stato del business dei fotoromanzi a metà degli anni Cinquanta. Nel 1956 il fotoromanzo è un format consolidato, stabile e abbastanza solido da divenire oggetto di un manuale d’istruzioni professionale. In questo periodo, è altresì chiaro che il fotoromanzo è parte del più ampio business del cinema. Da un lato, infatti, è ancora il trampolino più importante per i giovani attori e le attrici che cercano di entrare a Cinecittà: tra le stelle che hanno lanciato la propria carriera grazie ai fotoromanzi ci sono attrici come Gina Lollobrigida e Sofia Loren; dall’altro, tutti i film in questi anni sono trasposti nel formato del fotoromanzo (e l’eccezionale forza della formula del fotoromanzo fa sì che venga completamente abbandonato il precedente format del cineromanzo). Allo stesso tempo, le Istruzioni di Jacobelli sono molto affascinanti per via di alcuni aspetti abbastanza sconcertanti (per non dire bizzarri). In primo luogo, il modello presentato come esempio da seguire, in realtà, non corrisponde alla pratica del fotoromanzo. Come contenuti, inoltre, il modello è diverso anche da quello che ci si sarebbe aspettati da un libro del genere, e apre una finestra sulla società italiana che può incuriosire i lettori moderni. Nella nostra lettura delle Istruzioni cercheremo di analizzare queste due peculiarità, provando a capire perché questo libro è molto più di un manuale d’istruzioni rivolto ad aspiranti professionisti. Un fotoromanzo “all’acqua di rose”? Ennio Jacobelli spiega ogni cosa. Il suo libro copre tutti i possibili aspetti tecnici della realizzazione di un fotoromanzo e illustra anche i molti passi da compiere, dalla prima idea fino alla realizzazione finale. Allo stesso tempo, Jacobelli richiama l’attenzione sugli aspetti collaborativi del business e sulle difficoltà di rapportarsi con tante persone diverse (che mostrano spesso, secondo l’autore, un ego eccessivo): da qui, per esempio, nascono le osservazioni sulla sgradevole mancanza di puntualità degli attori (il tempismo è una questione importante, e Jacobelli non smette di insistere su questo punto). A prima vista, la descrizione di questi aspetti tecnici e dei compiti e delle responsabilità dei vari soggetti coinvolti nella produzione di un fotoromanzo sembra estremamente plausibile, e si possono ritenere le Istruzioni una fonte affidabile per quanto riguarda questi aspetti. Le immagini e gli esempi, però, non si limitano a mostrare e a descrivere il tipo di lampade necessarie per illuminare correttamente la scena o che cosa dire allo stampatore quando gli si mandano le pagine di layout. Le immagini esemplificano anche scene tipo, forme e temi di un fotoromanzo, con contenuti che sorprenderanno gli effettivi lettori del genere. Molti di loro non riusciranno a riconoscere il tipo di opera che divorano con passione, settimana dopo settimana, leggendo riviste come Grand Hotel o simili. Il fotoromanzo virtuale di Jacobelli è didatticamente corretto, ma culturalmente sbagliato. Infatti “sembra” un fotoromanzo, pare averne lo stesso sapore, ma non è un vero e proprio fotoromanzo.

FOTOROMANZO

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INVERNO

FOTOROMANZO - TESTO

BOZZA IBRIDA

INVERNO

GIORGIO VIALI


Foto 1:
Chiara, in un momento di riflessione, mentre guarda fuori dalla finestra.
"Ciao, allora io ho avuto modo di pensarci bene e sono giunta alla conclusione che non credo ne valga la pena al momento."


Foto 2:
Chiara intenta a lavorare al computer, circondata da documenti e caffè.
"Mi chiamo Chiara e la mia vita è un vortice di impegni. Ho due affittacamere nel centro di Bologna e gestisco anche il bar del mio fidanzato."


Foto 3:
Una scena del bar, con clienti sorridenti e Chiara che prepara caffè.
"Ogni giorno, mi sveglio all’alba per organizzare le prenotazioni, controllare la pulizia delle stanze e preparare i caffè per i clienti."


Foto 4:
Chiara seduta al tavolo, pensierosa, con il computer aperto davanti a sé.
"Il poco tempo libero che riesco a ritagliarmi lo passo al computer, cercando di mettere ordine in una vita che sembra non volerne sapere di fermarsi."


Foto 5:
Chiara che guarda delle foto sullo schermo, con un'espressione di incertezza.
"Quando ho ricevuto la proposta di partecipare a un servizio fotografico, mi sono sentita lusingata, ma anche sopraffatta."


Foto 6:
Un primo piano di Chiara, che riflette sulla sua immagine.
"Ho guardato le foto del fotografo, e mi sono resa conto che la mia immagine non si adattava a quella realtà."


Foto 7:
Chiara che si guarda allo specchio, mostrando segni e imperfezioni.
"Ogni curva, ogni segno, ogni piccola imperfezione che porto con me racconta una storia, ma non so se sarei pronta a esporle."


Foto 8:
Chiara avvolta in un caldo maglione, mentre guarda la strada innevata.
"Il freddo dell’inverno, poi, non aiuta. Non posso permettermi di ammalarmi, soprattutto ora che le mie strutture sono quasi sempre piene."


Foto 9:
Chiara mentre scrive un messaggio sul telefono, con espressione determinata.
"Quando ho scritto il messaggio, ho cercato di essere chiara. La proposta era allettante, ma la realtà della mia vita mi impedisce di immaginarla."


Foto 10:
Chiara in compagnia di un amico, durante un servizio fotografico.
"In realtà, già collaboro con un amico di famiglia per dei servizi fotografici. È un professionista e sa come gestire ogni dettaglio."


Foto 11:
Scena di Chiara e il fotografo che lavorano insieme, sorridendo.
"Lui viene a prendermi, trova location adatte, e mi riporta a casa dopo una giornata di scatti. È tutto molto organizzato."


Foto 12:
Chiara scrivendo un messaggio, con espressione pensierosa.
“Non è un no definitivo”, ho aggiunto nel messaggio, ma sentivo che in questo momento non era il caso di avventurarmi in qualcosa di nuovo."


Foto 13:
Chiara che guarda il computer, con un sorriso malinconico.
"La vita è già abbastanza frenetica, e non voglio aggiungere ulteriore caos. La mia scelta era dettata dalla necessità di proteggere il mio equilibrio."


Foto 14:
Chiara mentre chiude il computer, con una sensazione di serenità.
"A volte, però, mi chiedo se l’occasione di esprimere me stessa in un modo diverso mi sfuggirà per sempre."


Foto 15:
Un'immagine di Chiara che sorride, mentre si allontana dal computer.
"Ma, per ora, la mia vita, con i suoi impegni e le sue responsabilità, ha bisogno della mia attenzione. E, mentre chiudo il computer, sento che ho fatto la scelta giusta."


FOTOROMANZO - TESTO

BOZZA IBRIDA

INVERNO

GIORGIO VIALI

FOTOROMANZO

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Cos’è un fotoromanzo? Un perfetto congegno narrativo, degno delle più sofisticate teorie narratologiche, o la scenografia a tinte edulcorate entro cui immergersi per vivere passioni impossibili? Silvana Turzio lo racconta nel saggio Il fotoromanzo Metamorfosi delle storie lacrimevoli (Meltemi, pp. 214, € 24,00), dopo aver già esplorato il terreno in occasione della mostra Fotoromanzo e poi…, al festival Fotografia Europea 2018 di Reggio Emilia. Le parole che Michel de Certeau dedica alla lettura ne L’invenzione del quotidiano, costituiscono la premessa metodologica attraverso cui comprendere il successo del fotoromanzo. Egli afferma che il lettore, dinnanzi a un testo, non si limita a leggerlo passivamente, ma gioca d’astuzia: è «un Robinson in un’isola da scoprire». E come esempio cita proprio «Nous Deux», copia fedele di «Grand Hotel», esportato in Francia nel 1947 da Cino Del Duca, che lo aveva ideato con i fratelli Domenico e Alceo. Una lezione simile l’hanno appresa anche le lettrici di fotoromanzi, ma non tanto da Robinson Crusoe, quanto da Emma Bovary, cresciuta a colpi di romanzi rosa e morta suicida per aver desiderato un orizzonte meno ordinario di quello che, suo malgrado, si era scelta. Il fotoromanzo può dunque diventare il veicolo per indicare la possibilità di un cambiamento culturale; a tale proposito il fenomeno delle «cinquanta sfumature» potrebbe suggerire nuovi interrogativi. Leggere, ricorda la Turzio, è un atto di libertà soggettiva, che si può sottrarre in modi imprevedibili alle imposizioni dei gruppi dominanti. E questo vale soprattutto per le storie d’amore, che diventano la porta d’accesso a una realtà nuova, strumento per una trasformazione intellettuale. L’anno di nascita è il 1946. Il primo numero di «Grand Hotel» esce il 29 giugno. È un vero boom editoriale, in sintonia con l’entusiasmo della ritrovata libertà e di una speranza cullata tra mille privazioni. La tiratura di centomila copie, alta per l’epoca, è esaurita in meno di una settimana. L’anno successivo compariranno sul mercato altre due importanti pubblicazioni: «Il mio Sogno», che poco dopo diventerà «Sogno», della casa editrice Novissima, e «Bolero Film» della Mondadori, con cui collabora anche Damiano Damiani. Il terreno è fertilissimo. Nella prima parte del saggio, che ha un taglio prevalentemente storico, Silvana Turzio si sofferma sulle numerose forme di editoria popolare, nelle quali la presenza massiccia di illustrazioni ha favorito la diffusione del fotoromanzo come collettore di narrazioni visive. Sono tante e hanno grande diffusione: le dispense popolari illustrate, che prendono il posto dei romanzi d’appendice, nelle quali disegnatori e pittori eccellenti attirano il pubblico con vivaci copertine a colori; i cineromanzi, trailer illustrati che dalle casse dei cinematografi finiscono sul comodino. E ancora altre pubblicazioni, fra cui il settimanale «Le Grandi Firme», diretto dal 1937 al 1938 da Cesare Zavattini, che vi introduce alcuni brevi «fotoracconti»; «Cinevita», nato nel ’35, «Cine-Romanzo», ’29. E di questo non ci si può stupire, poiché l’onnipresente immaginario cinematografico è il luogo a cui tendono le aspettative dei lettori. La copertina del primo numero di «Grand Hotel» allude all’omonimo film del 1937 con Greta Garbo. Dal punto di vista tecnico nulla è lasciato al caso. Nel 1956 viene addirittura pubblicato un manuale per operatori fotografici, di Ennio Jacobelli, dal titolo Istruzioni pratiche per la realizzazione del fotoromanzo. La professionalità è un requisito essenziale, sia per chi ci lavora, registi, attori e fotografi, sia per gli strumenti utilizzati, come la stampa a rotocalco, che permetteva di ottenere una migliore qualità nella riproduzione delle fotografie. La medesima attenzione viene dedicata all’uso della parola. Silvana Turzio suggerisce una connessione tra la fotografia, il fotoromanzo e la riproducibilità meccanica del suono. Nel 1886 Félix Nadar propone al chimico Eugène Chevreul un’intervista. Mentre il figlio Paul scatta le foto, Nadar ricorre all’uso del «fotofono» di Clément Ader, prototipo del registratore, per incidere il dialogo. Ma il fotofono non funziona, e Nadar è costretto a trascrivere il testo sotto le fotografie. Il risultato è una sequenza di immagini corredata dal linguaggio parlato, e per questo facilmente accostabile alla «nuvola parlante» dei fumetti e dei fotoromanzi. Poche parole, poiché il testo deve essere corto e leggibile. In tal modo riesce a svolgere anche una nobile funzione: alfabetizzare il pubblico. E chissà cosa avrebbe detto Manzoni nel vedere I Promessi Sposi in versione fotoromanzo per gli «Albi di Bolero Film». Ma in cosa credono le donne che leggono queste storie d’amore? Nella seconda parte del saggio («Il fotoromanzo del consenso») l’autrice passa in rassegna le diverse risposte che i due maggiori schieramenti politici dell’epoca hanno dato allo stesso tema. Per i cattolici il fotoromanzo corrompe la gioventù, per i comunisti annuncia la morte della lotta di classe; tuttavia i fronti non sono così monolitici. Se nel Pci, tanto Enrico Berlinguer che Nilde Iotti condannano il fotoromanzo, Gianni Rodari, dalle pagine di «Rinascita» (1952), replica che il bisogno di vedere è un sintomo del bisogno di cultura, persino se si tratta di «Grand Hotel». In generale, però, la sinistra rimane ancorata a una forma di sapere che privilegia il dato razionale della parola rispetto alle variabili soggettive, e potenzialmente devianti, dell’immagine. La risposta ufficiale del Pci, con l’eccezione di «Noi Donne», che pubblica il primo fotoromanzo nel 1947, è la diffusione dei racconti a disegni sulla vita di Gramsci e Di Vittorio (’58). Il mondo cattolico intuisce ben presto, invece, l’utilità di un progetto politico costruito a partire da un «Sogno». Eredi di una tradizione che risale ai gesuiti e alla loro precoce intuizione del valore pedagogico della teatralità, la Chiesa e la Democrazia Cristiana si dimostreranno ben consapevoli del valore strategico della rappresentazione scenica e ne faranno un uso sapiente, senza tralasciare alcun mezzo. A partire dal 1959, per ventisei anni, su «Famiglia Cristiana» vengono pubblicati cinquantatré fotoromanzi. Un caso esemplare è Sangue sulla palude, del ’60, dedicato alla vita di Maria Goretti, modello edificante di ineccepibile virtù da proporre alle giovani donne. Nel 1977 tutto cambia. Nella terza e ultima parte del libro Silvana Turzio si sofferma su alcuni modelli di rilettura del genere tra cui: tre opuscoli del Gruppo Strum (Architettura Strumentale) di Torino, realizzati in occasione di una mostra sul design italiano al MoMA nel 1972; i foto-racconti-lampo dello psicologo Luigi De Marchi, legati ai temi della sessualità, e alcuni esempi di messa in discussione burlesca del fotoromanzo. Ci provano riviste come «Il Male»,«Frigidaire» e «Frizzer», specchi di una élite culturale sperimentatrice e autoironica, capace di autorappresentarsi nel dispositivo di cui gli autori sono anche attori e registi. Grande consenso di critica, ma non le tirature di «Famiglia Cristiana». Liquidare il fotoromanzo come un contenitore di storie lacrimevoli è ingiusto oltre che superficiale. Questo genere ha saputo raccontare per diversi decenni l’immaginario di milioni di donne permanentemente escluse dai circuiti della cultura e della politica. Sono passati più di cinquant’anni da quando Silvana Mangano, in una scena di Riso amaro, stringe fra le mani una copia di «Grand Hotel». Oggi i reality e i social hanno sostituito i fotoromanzi. Può accadere che il rimosso ritorni, come in Ricordami per sempre del 2011, commissionato dal Mu.Fo.Co. di Cinisello Balsamo. Un titolo che suona come un invito. Michelangelo Antonioni l’avrebbe definito un’amorosa menzogna.

SITUAZIONE

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Revue Internationale Situationniste

España en el Corazón [Vaneigem, Raoul] l'Internationale Situationniste Région Ouest-Europe Paris: Internationale Situationniste, 1964. First edition. 5 3/8 x 12 1/2" broadside, illustrated with two detourned pin-up photographs. Text in French and Spanish. Folded once, and housed in the original rubberstamped mailing envelope from the IS.

Broadside which takes its title from the poem by Neruda concerning the Spanish Civil War, denouncing the relationship between the Catholic Church and Franco's regime.

Photographies détournées de pin-ups pour les tracts clandestins « España en el corazón, Revue Internationale Situationniste, 1964

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MOSTRA

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Esposizione per Fotografia Europea 2018 a cura di ICS – Innovazione Cultura Società (Stefania Carretti, Lorenzo Immovilli, Elisa Savignano)

Fotoromanzo e poi… ripercorre oltre trent’anni di un fenomeno culturale di massa, una delle tante piccole “rivoluzioni” silenziose che, per la frivolezza e apparente ingenuità sentimentale che esprimeva, è stata generalmente sottovalutata dagli storici della cultura e dal mondo intellettuale.

Con il tempo si è però compreso che il fotoromanzo ha a suo modo contribuito in maniera incisiva ad accelerare il processo di alfabetizzazione nel nostro paese facendo sognare milioni di italiane che di settimana in settimana si dedicavano alla lettura di passionali e travolgenti vicende sentimentali. Se letto nel contesto sociale e storico dell’epoca, si tratta di un genere che ha puntualmente fotografato il costume e la società del nostro paese, accompagnando il difficile percorso di emancipazione delle donne italiane: dalle storie post-belliche di ambientazione neo-realista, alla rappresentazione dei conformisti anni ‘50 che volevano la donna di nuovo regina del focolare, fino alla liberazione sessuale e alle leggi che hanno consentito alle donne di conquistare potere di decisione sul proprio corpo.

La mostra si compone di una parte storico-documentaria e di una produzione creata ad hoc. La prima parte, realizzata con la consulenza di Silvana Turzio, comprende materiali provenienti dalla Biblioteca Panizzi (cineromanzi, foto-buste, carteggi e soggetti dall’Archivio Cesare Zavattini), dalla Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori (materiali preparatori e fotografie da negativi di fotoromanzi per Bolero Film), dalla Sovrintendenza per i Beni Culturali di Trento (fotografie di Federico Vender), dall’Istituto Luce (filmati da cinegiornali e il documentario L’amorosa menzogna di Michelangelo Antonioni) e prestiti da collezionisti privati (come il fotoromanzo sociale del Gruppo Strum, quello satirico de Il Male, quello politico-propagandistico del PCI o i fotoromanzi di Noi Donne e quelli a sostegno dell’emancipazione femminile) per illustrare l’evolversi di questo genere sia dal punto di vista del linguaggio che come termometro dei cambiamenti sociali.

La produzione invece trae ispirazione da un soggetto per fotoromanzo scritto nel 1961 da Cesare Zavattini, tra i pochi autori a intuire le potenzialità di questo genere a cavallo tra fotografia, cinema e fumetto. #NESSUNACOLPA, questo il titolo del fotoromanzo da “sfogliare” su Instagram, è un sequel ambientato nel presente, un un moderno feuilleton da seguire, una puntata al giorno, per un intero mese a partire dal 20 aprile.

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PADOVA

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MILANO

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Milano ti guardo Nel 2017, in occasione della prima Photoweek milanese, abbiamo ricevuto l’incarico di realizzare un fotoromanzo sociale dal titolo MILANO TI GUARDO, con la sceneggiatura di Magdalena Barile e la produzione di ArtsFor. La rivista stampata in ventimila copie era parte integrante del programma del festival. La trama indaga i problemi del lavoro e dell’integrazione dei giovani milanesi attraverso gli occhi di un’aspirante fotografa. Come per il progetto realizzato a Firenze, anche qui abbiamo creato un gruppo di studenti per coadiuvare e per essere parte attiva dell’intero processo, dalla sceneggiatura alla grafica della rivista. Durante la Photoweek, il nostro fotoromanzo è stato distribuito in tutta la città.

Milano ti guardo Ideazione e concept Artsfor progetto e regia Fotoromanzo italiano / Giorgio Barrera – Andrea Botto sceneggiatura Magdalena Barile progetto grafico Parcodiyellowstone + Francesco Marconcini

con benedetta colombo / arianna francesco pogliana / marco eleonora poletti / chiara jahard aliaga arias / xavier paola gasparri / paola

con l’amichevole partecipazione di sofia boffardi giovanna calvenzi fabio castelli Andrea cantoni mamiani grazia ippolito

hanno partecipato alla realizzazione del fotoromanzo gli studenti del I e II anno del CFP Bauer luca bernardini, martina capurso, irene fassini, marco mazza, eleonora paciullo, sara ruggeri

si ringrazia armando avallone, timon de graaf boelé, massimiliano santillo

Ogni riferimento a persone e luoghi esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale


FOTOROMANZO 2025

PROGETTO IN CORSO: FOTOROMANZO2025

DA UN'IDEA DI GIORGIO VIALI

CERCASI SCENEGGIATRICE/SCENEGGIATORE

CERCASI ATTRICI/ATTORI COMPARSE

PROGETTO ZERO BUDGET

VICENZA, VERONA, PADOVA, TREVISO

CONTATTI:

INSTAGRAM: GIORGIOVIALI

INSTAGRAM: FOTOSERVIZIO

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MILANO

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MILANO TI GUARDO

FOTOROMANZO ITALIANO

Milano ti guardo Nel 2017, in occasione della prima Photoweek milanese, abbiamo ricevuto l’incarico di realizzare un fotoromanzo sociale dal titolo MILANO TI GUARDO, con la sceneggiatura di Magdalena Barile e la produzione di ArtsFor. La rivista stampata in ventimila copie era parte integrante del programma del festival. La trama indaga i problemi del lavoro e dell’integrazione dei giovani milanesi attraverso gli occhi di un’aspirante fotografa. Come per il progetto realizzato a Firenze, anche qui abbiamo creato un gruppo di studenti per coadiuvare e per essere parte attiva dell’intero processo, dalla sceneggiatura alla grafica della rivista. Durante la Photoweek, il nostro fotoromanzo è stato distribuito in tutta la città.

Milano ti guardo Ideazione e concept Artsfor progetto e regia Fotoromanzo italiano / Giorgio Barrera – Andrea Botto sceneggiatura Magdalena Barile progetto grafico Parcodiyellowstone + Francesco Marconcini

con benedetta colombo / arianna francesco pogliana / marco eleonora poletti / chiara jahard aliaga arias / xavier paola gasparri / paola

con l’amichevole partecipazione di sofia boffardi giovanna calvenzi fabio castelli Andrea cantoni mamiani grazia ippolito

hanno partecipato alla realizzazione del fotoromanzo gli studenti del I e II anno del CFP Bauer luca bernardini, martina capurso, irene fassini, marco mazza, eleonora paciullo, sara ruggeri

si ringrazia armando avallone, timon de graaf boelé, massimiliano santillo

Ogni riferimento a persone e luoghi esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale