AMOROSA

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Nel 1949 Michelangelo Antonioni realizza, con lo stile del reportage, L’amorosa menzogna, un cortometraggio che racconta gli esordi e l’enorme diffusione dei fotoromanzi nella società italiana del dopoguerra, alternando notazioni ironiche a testimonianze scritte delle ammiratrici di questi eroi di carta, e mostrando i set dove si ideavano gli scenari di fiaba di queste storie sognanti, i cui protagonisti creavano poi piccole folle di lettrici entusiaste ad ogni loro apparizione. Vincitore del Nastro d’Argento per il migliore documentario nel 1950, il cortometraggio si avvale dell’opera di Citto Maselli come aiuto regista e delle musiche, davvero azzeccate, di Giovanni Fusco. Il soggetto originale, di Antonioni stesso, verrà poi affidato a Federico Fellini, che lo svilupperà e amplierà dando vita al suo primo lungometraggio ufficiale (dopo una regia in coabitazione con Alberto Lattuada in Luci del varietà), Lo Sceicco bianco.

FOTOROMANZO

Nato in Italia nel 1946 e poi diffusosi rapidamente in Europa e in America latina, il fotoromanzo è un racconto in sequenze visive disegnate o fotografate che si regge sulla combinazione di diverse fonti e tecniche. La sua popolarità, immediata e fragorosa, è tale da farne il vero boom editoriale del dopoguerra italiano. Giovane, femminile più che maschile, proletario, contadino o piccolissimo borghese più che appartenente alla classe media, il suo pubblico è fra i meno raggiungibili dagli altri mezzi di comunicazione. Apre la strada "Grand Hôtel", seguito da "Bolero Film" e "Sogno". Tra la fine degli anni '40 e gli inizi degli anni '60 il fotoromanzo rappresenta una delle vie italiane alla modernizzazione, in cui si rispecchia il desiderio di libertà e di promozione sociale, il decollo dei consumi, il disagio giovanile, l'alfabetizzazione di massa. Ed è un punto fermo nell'immaginario nazionale, tanto che Pci, "Famiglia Cristiana", ordini religiosi, movimenti politici lo usano, adattandolo a narrazioni pedagogiche e di propaganda.

Racconto in posa

Storia a metà strada tra fumetto e cinema, con fotografie e attori al posto dei disegni, il fotoromanzo nacque in Italia nell'immediato secondo dopoguerra e divenne ben presto un nuovo genere di letteratura popolare. Dal nostro paese si diffuse in tutto il mondo e registrò un incredibile successo per quarant'anni, fino a quando venne soppiantato da nuovi generi di intrattenimento televisivo Era la nascita di un nuovo mezzo di comunicazione che narrava per immagini fotografiche: il fotoromanzo (inizialmente il nuovo giornale si definì "settimanale di romanzi d'amore a fotogrammi"). Dopo pochi giorni un altro grande editore italiano, Arnoldo Mondadori, pubblicò un giornale di fotoromanzi il cui titolo era Bolero film. Il titolo era azzeccato, perché in fondo il fotoromanzo era simile a un film, solo che le immagini erano immobili e le fotografie stampate su carta. Molte erano storie d'amore, ma altre erano riprese da romanzi famosi, come i Promessi Sposi di Alessandro Manzoni o I miserabili di Victor Hugo; altre dalla Bibbia; altre ancora erano inventate da celebri soggettisti.

Milioni di copie Il successo dei fotoromanzi fu grandissimo: milioni di copie vendute ogni settimana. Nel giro di pochi anni nacquero moltissimi altri giornali e riviste. Tra queste ricordiamo il famoso Grand Hotel, un giornale che già esisteva ma che raccontava storie d'amore con fumetti tradizionali. Il successo fu tale che i partiti politici lo usarono come mezzo pubblicitario nelle campagne elettorali. La guerra era appena finita, l'Italia era povera, le persone sapevano leggere poco. Il fotoromanzo presentava storie semplici ma coinvolgenti, l'amore e l'avventura erano al centro delle trame e i personaggi risultavano positivi, sempre belli, eleganti. La gente si rifugiava in quelle storie per evadere dalla realtà dell'epoca e proiettarsi in un mondo bello e pulito, quello che un giorno sperava di poter realizzare. Nacque così una vera e propria industria del fotoromanzo. Inizialmente i costumi e gli ambienti erano molto approssimativi, ma in seguito si resero necessarie scenografie create all'interno di appositi teatri di posa. C'erano poi il montaggio, il fotomontaggio, la cura della fotografia a volte ritoccata, la stampa su carta adatta. A partire dagli anni Sessanta una casa editrice di Roma, la Lancio (si chiamava così perché prima stampava foglietti pubblicitari da lanciare con gli aerei), investì molto sul fotoromanzo. A interpretare le parti furono chiamati addirittura personaggi già famosi nel campo dello spettacolo (ricordiamo Giorgio Albertazzi, Renzo Arbore, Claudia Cardinale, Raffaella Carrà, Giuliano Gemma, Sandra Milo), mentre altri lo sarebbero diventati in seguito (Sofia Loren, Gina Lollobrigida, Ornella Muti).


FOTOROMANZO

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