FOTOROMANZO

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Istruzioni pratiche per la realizzazione del fotoromanzo di Ennio Jacobelli (1956)

La pubblicazione della rivista Grand Hotel nel 1946 segna un momento di svolta nella cultura mediatica di massa in Italia. Questo periodico, venduto a circa un terzo del prezzo rispetto a settimanali analoghi, non ha solo l’effetto di rilanciare e di ringiovanire il mondo delle riviste femminili, fino ad allora indirizzate a un pubblico di media cultura. Anche se le sezioni tradizionali (come quelle dell’oroscopo, delle lettere al direttore, della rubrica di cronaca mondana, del racconto e altre) non scompaiono del tutto, il romanzo a immagini disegnate occupa così tanto spazio che si potrebbe dire che i periodici femminili tendano a diventare innanzitutto riviste di romanzi a immagini disegnate. Il successo immediato del romanzo a immagini disegnate è però di breve durata. A decretare la fine di questi nuovi settimanali è un altro format, che fa la propria comparsa, l’anno successivo, sulle pagine di riviste come Il mio sogno (primo numero: 8 maggio 1947) e Bolero Film (primo numero: 25 maggio 1947). Questo format inizialmente è chiamato “romanzo d’amore a fotogrammi” (una parafrasi complicata che rivela quanto fosse nuovo il genere), ma molto presto sarà conosciuto come “fotoromanzo” (è la rivista Bolero Film a introdurre il neologismo, per distinguersi dalla concorrente Il mio sogno). A differenza del romanzo a immagini disegnate, che scompare lentamente nel corso degli anni Cinquanta (gli ultimi esempi nella stampa popolare risalgono ai primi anni Sessanta), il fotoromanzo avrà una vita molto lunga ed esiste ancora oggi, anche se non più con lo stesso impatto e con la stessa diffusione editoriale e sociale che aveva negli anni tra il 1947 alla fine degli anni Sessanta, il vero periodo d’oro di questo genere. Il fotoromanzo è parte di uno specifico settore dell’industria culturale – i settimanali femminili – ma di tutti i generi che si possono trovare in queste pubblicazioni, è sicuramente il più “debole”, da un punto di vista sia estetico che ideologico: fotografia scadente, stampe malfatte, recitazione grossolana, storie sciocche, impaginazioni banali e meccaniche, e soprattutto un tono reazionario nel dipingere amori e storie di interesse umano, unito a un testardo rifiuto di riconoscere come vanno le cose nel mondo reale. In breve: a chi osservasse l’industria culturale secondo l’ottica di Adorno il fotoromanzo non potrebbe che risultare totalmente stupido e alienante. Per questo motivo Regards, uno dei periodici culturali del Partito Comunista francese negli anni Cinquanta, pubblicò una parodia politicamente corretta delle “menzogne” dell’industria del fotoromanzo per denunciare il genere del fotoromanzo e più in generale le riviste femminili come strumenti dell’imperialismo americano.

FOTOROMANZO

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